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2° MOTOINGRASSO
Castelnovo Ne' Monti (2007)
"Passano gli anni, continuiamo a far danni"

    
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Raccontato da: Suzibandit

Che anno il 2007! Quante curve.... a parte il motoingrasso il Val Di Fassa è stato il giro più curvoso che ricordi...
Era da tempo che pensavo di andare in Emilia Romagna, e chiaramente volendo evitare il piattume della pianura la scelta della location è stata quasi vincolata: Reggio Emilia e dintorni.
Come al solito San Google mi viene in aiuto suggerendomi una serie di itinerari appetitosi. Dovendo trovare un posto per dormire, cerco un paese che sia centrale rispetto al giro che prevediamo di fare, Castelnovo ne’ Monti capita a fagiolo…. Usti! C’è pure un B&B con un sito…. Bah… proviamo a chiamare…. Il posto c’è. Allora Dio lo vuole!! Fatta: prenotato!
Allertata la combriccola e convenuto molto democraticamente che visto che l’idea era mia e che altre proposte non sarebbero state accettate, si decide di sviluppare il percorso e le attività collaterali.
Antonuk , come al solito ci vuole propinare la solita visita a musei, quindi lancia l’idea di andare a quello Ducati: tutto sommato l’idea non mi dispiace… scopriremo più tardi che la proposta del “diversamente giovane” non era disinteressata, da buon vecchio commerciale voleva lanciare l’esca per un futuro cliente.
Scatta la macchina della organizzazione “Motoingrasso”… io comincio a darmi da fare per  organizzare il viaggio, i punti di incontro, la prenotazione per la visita guidata in Ducati.
Antonuk comincia a scervellarsi per trovare lo slogan dell’evento e ad organizzarsi per la produzione delle decalcomanie.
Pegasello se ne sta li beato a guardare gli altri lavorare… noi cerchiamo di coinvolgerlo nelle scelte, ma lui liquida tutto con la sua solita esclamazione: “Spettacolo!”.
Chiamo il museo Ducati per chiedere delucidazioni in merito a modalità ed orari delle visite, e prenoto per noi tre. Chiedo se c’è modo di parcheggiare le moto al sicuro e mi viene risposto che solo perché non siamo dipendenti possiamo parcheggiare all’interno una moto non Ducati, facendoci intuire quanto carogne siamo noi motociclisti non ducatisti…

Adesso abbiamo un impegno inderogabile: arrivare a Borgo Panigale entro le 10.30, ora di inizio della visita guidata. La scelta del posto di ritrovo è obbligata: davanti allo stabilimento Ducati. Il resto della pianificazione di fino l’avremmo fatta in loco, in funzione dei vari tempi.
Il tempo passa e finalmente arriva il giorno della partenza. Io e Pegasello ci saremmo trovati su un autogrill lungo la strada, destinazione Borgo Panigale.
Come al solito io e Pegasello arriviamo in orario, Antonuk incolpando il mezzo poco dotato di motore arriva con calma… giusto in tempo per un caffè in un bar li in zona.
Ci appropinquiamo alla sede dello stabilimento e non senza difficoltà riusciamo a far capire al solerte portinaio le nostre necessità: portare le moto dentro, visto che erano stracariche di bagagli e che era poco igienico lasciarle fuori.
Sfortunatamente la nostra interfaccia 2.1 non riusciva a dialogare con la versione 1.0 del portinaio.
Ci intrufoliamo comunque e la guida venuta a prendere gli altri visitatori riesce a far capire al personaggio che deve semplicemente aprire il cancello: detto fatto entriamo e parcheggiamo le moto giusto in tempo per l’inizio del giro.
Che dire…quando ho chiesto ad Antonuk cosa si ricordasse della gita in Ducati, lui mi ha risposto come prima cosa: “il bar interno, con le bustine di zucchero marchiate Ducati”… d’altra parte l’età gli avrà fatto scordare il giro nel museo dove erano esposte le moto da gara dagli albori fino a i giorni nostri, oppure delle aree dove c’erano i prototipi di motori mai andati in produzione. Scherzi della senilità che avanza.
Pegasello durante tutta la gita era estaticamente incantato ad ascoltare la guida, una ragazza giovane tra l’altro sua compaesana. Sul fatto che gli interessasse la storia della casa motociclistica nutro qualche dubbio in quanto ad ogni mia domanda quando non capivo qualcosa lui mi guardava fisso ed esclamava “Spettacolo!”
Sta di fatto che la guida ci ha fatto fare un giro per la produzione, previa garanzia da parte nostra che non avremmo fotografato i locali: devo dire che vedere una azienda che costruisce all’interno i propri motori mi ha fatto una ottima impressione. Inoltre ho apprezzato la filosofia della linea di montaggio, dove l’operatore anziché fossilizzarsi in operazioni ripetitive, era una sorta di “meccanico specializzato” e compiva più operazioni di montaggio.
A malincuore finiamo la visita. Il percorso obbligato ci ha portato davanti allo “store” interno dove vendono i vari gadget marchiati. Antonuk era a posto, avendo precedentemente sottratto di sottecchi un paio di bustine di zucchero al bar

Decidiamo di puntare ad un ristorante caldeggiato da Antonuk: la Trattoria Vecchia Roma, locale a lui noto in quanto assiduo frequentatore di club esclusivi ai tempi di quando era giovane, da lui nostalgicamente chiamati “i tempi di 3M”.
Raggiunte le nostre moto e preparati per il viaggio, cominciano a cadere le prime gocce di pioggia: al motto di “partiamo che tanto smette tra poco” ci incamminiamo verso la nostra meta.
Dopo 40 minuti di pioggia, decidiamo che forse è il caso di fermarci per mettere l’abbigliamento antipioggia, che ci creerà un simpatico effetto sauna per tutta la durata del viaggio, risultato più lungo del previsto a causa della senilità incipiente di Antonuk che tanto per cambiare non si ricordava la strada.
Finalmente arriviamo a destinazione. Ordiniamo un assaggio delle pietanze del posto ad una cameriera con palesi segni di squilibrio mentale, che comincia a confidare tutti i suoi problemi esistenziali ad una platea attonita; poi per chiudere degnamente lo show improvvisa uno spettacolo di alta scuola circense facendo cadere una pila di piatti in terra con conseguente scenata della titolare…. Scene da antologia!
Comunque sia il pranzo è luculliano… affettati misti accompagnati da gnocchi fritti, formaggi della zona e cipollotti sottaceto dei quali faremo il bis ed il tris, cosa che Antonuk rimpiangerà più tardi quando in serata Pegasello ed io lo allieteremo con un concerto per trombone e basso tuba.
 

Satolli saliamo sulle nostre cavalcature e proviamo ad andare verso la nostra destinazione finale: Castelnovo ne’ Monti. Il maltempo ci accompagnerà fino quasi a destinazione. Arriveremo nel tardo pomeriggio al BeB fradici e distrutti. Antonuk si accorgerà suo malgrado che il tentativo di impermeabilizzazione in perfetto stile fantozziano di un triste zaino del Lidl con sacchetto della spesa, non era andato a buon fine e si era trovato gran parte della biancheria fradicia.
Da come eravamo conciati la titolare del BeB si offre si prestarci dei phon ed un ferro da stiro per tentare di asciugare la biancheria: pessima idea visto che le consumeremo un quantità abominevole di corrente.
Terminata la nostra fase di asciugatura biancheria cerchiamo un posto dove cenare.
Si decide di prendere la strada in direzione nord e di fermarsi alla prima bettola che troviamo.
Il primo locale che ci si presenta davanti non poteva considerarsi tanto una bettola, con tanto di quadri d’autore alle pareti e di carta dei vini e listino rigorosamente senza prezzi.
Facendoci guidare dal nostro istinto Jedi (lo stomaco) decidiamo di tentare la sorte.
Mangiamo come maiali (in onore del GranSuino) beviamo adeguatamente ed attendiamo trepidanti la bordata del conto: sorpresa! Mooolto meno di quello che ci aspettavamo…. Bene! Avevamo trovato il nostro quartier generale delle libagioni per i giorni a seguire.
Torniamo al BeB stanchi ma satolli e felici pregustando il giro del giorno dopo (sulla fiducia in quanto non ne avevamo ancora discusso).

E’ sabato mattina. Dopo le abluzioni di rito aspettiamo la titolare per la colazione (fissata per le 7.30) facendo una stima di massima del giro che si voleva fare. Alle 7.40 non si vede traccia della nostra colazione con titolare annessa. Bon, la faremo lungo il tragitto. Più avanti troviamo un bar dove finalmente possiamo fare una colazione degna del motoingrasso: pizza, panini con affettato e altre libagioni similari degne del miglior atleta olimpionico. Si riparte, destinazione La Spezia.
Mamma quante curve! Chilometri e chilometri di destra-sinistra, destra-sinistra, destra-sinistra…. destra-destra…. DESTRA-DESTRA ?! Si, pure quello! Piccola sosta foto sul passo del Cerreto e poi via di nuovo tra le strade curiose.
Dopo una vagonata di chilometri incontriamo un semaforo, chiaro segno che siamo usciti dalla terra dei centauri e siamo ripiombati nella civiltà degli automobilisti. E qui comincia il caos, anche perché cominciava a farsi mattina inoltrata, con il traffico dei “pendolari da supermercato” del sabato.
Arrivati a La Spezia si decide di fare una puntatina a Lerici… peccato che tra una decisione e l’altra ci perdiamo nel traffico cittadino.
Finalmente mettiamo da parte il nostro orgoglio motociclista e chiediamo informazioni ad un indigeno: bene per andare dove dovevamo andare dovevamo tornare indietro… quindi giriamo la moto e ci reimmettiamo nel traffico caotico del senso opposto. All’ennesimo incrocio (credo ne avremo passati 1000….) finalmente prendiamo una strada poco trafficata che ci condurrà fuori della bolgia: qualche chilometro e davanti a noi appare come venere dal mare Lerici. Citando il mitico Pegasello: “SPETTACOLO!”.
Dimentichi del fatto che era un sabato mattina assolato, tentiamo di scendere e di trovare un parcheggio per le moto visto che Pegasello voleva provare il costume nuovo che si era portato: impresa impossibile, ogni anfratto era occupato da mezzi a due e quattro ruote.
Mesti ce ne torniamo indietro e percorriamo tutta la strada litoranea in cerca di un accesso al mare: stessa storia, macchine parcheggiate a castello e bici appese agli alberi.
Ma Pegasello non demorde… la sua voglia di mare è tanta che ad una curva lo vediamo sparire su una strada sterrata. Il suo istinto lo stava conducendo verso l’acqua.
La strada da vagamente asfaltata passa a sterrata, poco male per Pegasello ed Antonuk che con le loro moto “pseudo fuoristradistiche” non battono ciglio, anzi un pochino si divertono a sgommare. Anche io stavo sgommando, ma non sulla strada. I 250kg della mia locomotiva poco si addicevano al terreno che nel frattempo era diventato di pietre e neanche tanto piccole.
A quel punto io do forfait: mi fermo a lato, parcheggio la moto e raggiungo i due impavidi motociclanti qualche decina di metri più avanti.
Bardati come antichi guerrieri ci incamminiamo verso il mare che ci spettava almeno 50 metri sotto di noi.
Lungo il sentiero incrociamo un motociclista che in tenuta estiva (canotta e infradito) ci conferma che la discesa era semplice e non molto lunga: che dire, forse se portavamo corde e piccozze era meglio.
Sudati come maiali che hanno fatto la Salerno – Reggio Calabria su una gamba sola, arriviamo a ridosso del mare… a ridosso, diciamo che per toccare l’acqua avremmo dovuto chiedere aiuto a Messner. Io e Antonuk ci rifiutiamo di scendere oltre, Pegasello con la cuffia in testa ed il costume addosso porterà da solo a compimento la missione.
Nel frattempo io ed il diversamente giovane visitiamo i dintorni e scopriamo i resti di vecchie postazioni di cannoni risalenti alla seconda guerra mondiale. Ci ripariamo all’ombra delle costruzioni belliche ed attendiamo che il novello sirenetto termini le abluzioni.
Un paio di ore dopo risaliamo sulle nostre cavalcature alla ricerca di una trattoria economica dove placare i morsi della fame.

Di strada scorgiamo una trattoria dove ci fermiamo con l’intento di mangiare: i nostri entusiasmi gastrici vengono immediatamente sedati dal menù esposto, o meglio dai suoi prezzi.
Decidiamo di limitarci a bere qualcosa per sopire almeno la sete e nel frattempo io ed Antonuk ci facciamo raccontare dal gestore la storia bellica della zona: finita la lezione di storia stanchi ed affamati ripartiamo alla ricerca del nostro agognato pasto.
Qui comincia un momento un po’ fosco…. Ricordo solo di piatte strade statali trafficate fatte e rifatte per trovare la strada che ci portasse verso i monti e le loro curve.
Seguendo la cartina puntando verso l’ignoto ci facciamo guidare dall’istinto di Pegasello che ci farà percorrere delle strade spettacolari, ma prive di ogni segno di vita e ciò che era peggio di trattorie o similari.
Oramai si stava facendo tardi, rischiavamo di non trovare aperto e di saltare il pranzo: ORRORE!!!
Puntiamo verso il centro un paese a noi ignoto, speranzosi che le dimensioni maggiori del nome sulla carta fosse sinonimo di civiltà avanzata e quindi di una trattoria: Il nostro istinto aveva avuto ragione, pure troppo visti i prezzi che ci siamo trovati davanti quando il cameriere ci ha consegnato il listino; in questa occasione lo stomaco avrà la ragione sul portafoglio.
Non molto satolli e mediamente inc@zzati risaliamo in moto e torniamo verso la nostra base: curve, curve ed ancora curve, passiamo il passo di Predarena e dopo altre curve arriviamo a destinazione.
La sera controllando sulla cartina ci renderemo conto di aver attraversato ben 3 regioni: Emilia Romagna, Liguria e Toscana… direi non male per un giro di meno di 150Km.
Tornati al B&B io e Pegasello ci riposeremo le stanche membra ed i deretani doloranti intrattenendo Antonuk con una gara di rutti e peti fino all’ora di cena.
Ceneremo alla trattoria scoperta il giorno prima e ritorneremo alle nostre stanze stanchi ed un po’ tristi sapendo che sarebbe stata la nostra ultima cena in compagnia per quell’anno.
Domenica mattina colazione in compagnia di un americano sassofonista, saluti di rito e ritorno a casa.
Rimarremo in compagnia fino a Bologna, poi saluteremo Antonuk che tornerà a casa lungo la Via Emilia mentre io e Pegasello  ci abbandoneremo al noioso piattume dell’autostrada fino a casa.

Un altro Motoingrasso è andato, ma che spettacolo!  

 

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